Arte

Affreschi

Cappella: 

cappella volta dett.incorniciature geometrizzanti, fregi a grottesche e riquadri con scene dell’Antico Testamento di argomento eucaristico (desunte molto probabilmente da incisioni) e con porzioni di cielo e nubi stilizzate sono stati dipinti sulla volta a botte dal pavese Giovan Battista Muttoni entro l’11 settembre 1579, data del collaudo da parte di Bernardo Cane. Si tratta, pertanto, degli affreschi più antichi del Collegio.
Il recente restauro (2010) li ha puliti e resi meglio leggibili e ha riportato alla luce ulteriori lacerti cinquecenteschi nelle quattro nicchie lungo le pareti e nella controfacciata all’altezza della cantoria. 

cappella, firma BignamiLe pitture murali che ricoprono interamente le pareti della navata unica e del coro sono frutto della campagna decorativa promossa dal Rettore Maiocchi agli inizi del Novecento (1909), quando furono rifatte anche le vetrate. I lavori vennero affidati a Manlio Oppio (decorazioni a grottesca, grandi stemmi su fondo a finta tappezzeria), Osvaldo Bignami (tondi con i santi Carlo, Giustina, Caterina d’Alessandria e Tommaso d’Aquino) e vari artigiani pavesi, tra cui Rodolfo Retus (complementi ornamentali e dorature).  

Salone:

IMG_1000026gli affreschi, che presentano un’articolata tessitura decorativa e iconografica, secondo il linguaggio tardomanierista – incorniciature illusionistiche architettoniche, festoni e pendoni di fiori e frutta, fregi a grottesca, inserti monocromi, figure allegoriche, stemmi ed emblemi araldici borromaici, tabelle con iscrizioni e sette grandi scene istoriate relative alla vita di Carlo Borromeo (allora proclamato beato) – ricoprono l’intera volta a botte della sala e le due pareti brevi. Vi hanno lavorato, chiamati da Federico Borromeo, dal 1603 al 1604 Cesare Nebbia e aiuti, nel 1604 Federico Zuccari, autore della sola scena sulla parete sud, dove si firma. Era forse previsto un completamento della decorazione con altre scene della vita di Carlo lungo le due pareti maggiori (stando a un programma manoscritto, conservato presso l’Archivio Capitolare del Duomo di Milano), tuttavia non vi sono tracce di tale decorazione.

MX-2600N_20130304_122246_003MX-2600N_20130304_122246_004Pur condizionati precocemente dalla statica della volta e da infiltrazioni di umidità dal tetto (come attestato già da una perizia del Ricchino del 1626) e dall’uso del Salone – adibito a luogo di rappresentanza in cui si tenevano inizialmente gli addottoramenti e le Accademie degli alunni, ma, nel corso della Prima Guerra Mondiale, utilizzato per il ricovero dei soldati dell’ospedale militare – gli affreschi sono stati interessati da alcuni restauri, concentrati soprattutto negli ultimi due secoli: attestati quelli del pittore Carlo Tagliabue nel 1808, una ripulitura da muffe nel 1936-’37 e l’ultimo intervento generale nel 1985. Recentissimo (estate 2014) il recupero, sotto i resti della scialbatura postbellica, delle greche che corrono lungo le aperture di porte e finestre del Salone.

Sopraporta:

Cristo portacrocenell’angolo nordorientale del loggiato, sulla porta che dà accesso alla scala a chiocciola (di servizio) e all’andito di passaggio verso le cucine e il Refettorio, è dipinto entro una finta cornice lapidea (e è stato interessato successivamente da pesanti e rozze ridipinture) il Cristo portacroce accompagnato dall’iscrizione “Tollite iugum meum super vos“. L’immagine, piuttosto consueta in corrispondenza dell’accesso ai refettori monastici quale richiamo a un atteggiamento umile e penitente, è sicuramente precedente al 1625, quando risulta citata nel registro delle Congregationes.  

 

Dipinti su tela

Tutti i dipinti su tela che costituiscono la quadreria del Collegio sono stati sottoposti a restauro nella prima metà degli anni Novanta del ‘900, nell’ambito di una stagione fitta di interventi miranti alla conservazione e valorizzazione non solo dell’edificio ma anche del suo patrimonio di arredi e beni mobili.

pala d'altarePala d’altare:

la tela, realizzata a Roma dal pittore Nicola la Piccola nel 1770 e andata a sostituire un precedente dipinto di analogo soggetto opera del Figino (del quale si è persa traccia dal 1638, quando risulta “accomodato” da un anonimo pittore), raffigura con elegante sviluppo verticale I santi Carlo, Ambrogio e Giustina (patrona della famiglia Borromeo e iniziale dedicataria della cappella, prima che vi venisse associato il culto di san Carlo) in adorazione della Vergine col Bambino

Il restauro cui la pala è stata sottoposta nel 1994, ne ha svelata la vivace e luminosa cromia sotto lo strato di vernice ossidata.

 

Ritratti: 

molti sono i ritratti presenti in Collegio, tutti, si potrebbe dire, istituzionali e ufficiali (in stretta analogia con esemplari di Casa Borromeo), dato che tramandano le effigi dei fondatori (non solo Carlo, ma anche lo zio materno Pio IV) e dei patroni sia ecclesiastici – la serie (pensata come un ciclo omogeneo) di ritratti a piena figura collocati nel Salone degli affreschi, in gran parte dovuti al milanese Agostino Santagostino (attivo tra il 1670 e il 1706) – sia laici – i due grandi ritratti a figura intera firmati e datati (1817 e 1819) da Protasio Girolamo Stambucchi e la più nutrita serie di figure a mezzo busto dovuta al pavese Ezechiele Acerbi (1909), con l’aggiunta del più moderno ritratto di Vitaliano X dipinto da Attilio de Paoli. Costituiscono una sequenza interessante sotto il profilo iconografico i vari ritratti dedicati a Carlo e Federico: oltre ai due citati, in cui i cugini sono raffigurati assisi, altri due parimenti monumentali e di alta qualità, collocati nella cosiddetta Sala del Camino, che li ritraggono affrontati (quasi in silenzioso dialogo), stanti e a piena figura; a questi vanno aggiunte alcune tele di piccolo formato con le effigi giovanili di Carlo e di Federico (per esempio quella che ci accoglie nel locale della Portineria) e, specialmente, quella, più imponente ma parimenti anonima, che raffigura Carlo che legge, secondo un’impostazione (considerata fisionomicamente veridica) del tutto analoga a quella di un dipinto conservato ab origine presso la Pinacoteca Ambrosiana e attribuito in passato al Figino, autore della più fedele tra le effigi caroliane.

Giberto V Borromeo Pio IV (Salone)  S. Carlo (Salone)Carlo che legge

Soggetti sacri:

soprattutto negli ambienti del Rettorato e nella sacrestia della Cappella si concentra la ricca serie di opere – tutte anonime, di provenienza non sempre documentata e spesso frutto di acquisizioni più recenti, come nel caso del Cristo alla colonna giunto per donazione dai fratelli Giuseppe e Cesare Casella, entrambi alunni del Collegio – di soggetto sacro e devozionale, anche di notevole formato, inclinate verso un approccio meditativo personale nell’ottica della spiritualità riformata postconciliare. Spiccano per qualità e altezza cronologica una Madonna con Bambino dalle delicate movenze luinesche, un intenso Compianto su Cristo morto e una stupenda tela raffigurante una scena della storia di Giobbe, stilisticamente accostabile alle opere del bresciano Moretto e situabile tra la metà del XVI e gli inizi del XVII secolo, giunta al Collegio quale importante lascito dall’ex alunno medico Baldassarre Ferrari.

Cristo alla colonna  Madonna col Bambino luinescaPietàGiobbe

Paesaggi:

otto vedute settecentesche riproducenti i possedimenti della famiglia Borromeo (Isole Borromee, Isola Madre, Isola Bella, Arona e Angera, Cesano Maderno, Senago, Peschiera Borromeo, Origgio) ornano le due pareti lunghe del refettorio del Collegio. La serie, accostabile ad altre analoghe e coeve, integralmente o parzialmente conservate, un tempo facenti parte della decorazione di rappresentanza nelle residenze del casato, si caratterizza per l’alta qualità esecutiva (nella resa degli accordi cromatici e nella precisione dei dettagli architettonici) e è stata recentemente accostata al nome di Alessandro Antoniani, vedutista attivo per i Borromeo tra la prima e la seconda metà del XVIII secolo.

1 Isole Borromee2 Isola Madre3 Isola Bella4 Arona e Angera5 Cesano Maderno6 Senago7 Peschiera Borromeo8 Origgio

Altri dipinti ornano specialmente le pareti del Rettorato e della sala da pranzo del Rettore e relativa anticamera: tra questi alcune settecentesche scene di genere (interni di osteria o storie sacre ambientate entro ampie quinte architettoniche classicheggianti), adatte ad ambienti di passaggio e attesa, pitture di tema edificante e devozionale per la meditazione privata, come il notturno seicentesco con la Morte del giusto, e paesaggi e ritratti di epoca moderna, quali la veduta della piazza del Collegio di Romeo Borgognoni o il grande ritratto del beato Contardo Ferrini opera di Attilio De Paoli commissionata dall’allora Rettore Cesare Angelini. Riveste, invece, un significativo valore documentario il dipinto con La processione del Sacro Chiodo, copia coeva o di poco successiva, in formato ridotto, dell’affresco di Cesare Nebbia del Salone, acquistata nel 1908 dal Rettore Rodolfo Maiocchi quale immagine di confronto per valutare l’impatto dei restauri ottocenteschi del pittore Tagliabue.

Sculture:  

varie per materiali, tipologia, epoca e fattura: dall’imponente busto bronzeo novecentesco di san Carlo ora esposto nel locale di accesso del Collegio, ai coronamenti dei portali – stemma mediceo all’ingresso del Refettorio, busto di san Carlo sull’accesso alla Cappella, un tempo coronato da putto, perduto – e degli imponenti camini – in marmo con complementi in stucco policromo e dorato il grande fastigio con putti che reggono l’impresa araldica dei Borromeo nella Sala del Camino -, alla sontuosa cornice in marmo policromo dell’altare della Cappella, realizzato nel 1737-1738 su disegno di Giovan Battista del Giudice (conservato in archivio), alle leggiadre statue in gesso patinato di gusto Liberty della Sala Musica (ambiente realizzato nel 1926); dalle parti plastiche delle fontane – il mascherone fogliato e la struttura, costituita probabilmente da materiale di spoglio di un altare, nel giardino ottocentesco e il coronamento barocco del nicchione nel giardino seicentesco, che prevedeva forse un complemento statuario (come si desume da documenti e disegni conservati in Archivio); dai pochi frammenti lapidei e in terracotta della demolita chiesa di San Giovanni in Borgo fino a giungere, quale prezioso esempio di arte moderna, conservato in Rettorato, alla delicata Madonna (probabilmente Annunciata) bronzea di Adolfo Wildt.

camino cappella, altare altarefontana mascheroneresti da S. Giovanni in BorgoWildt

Paramenti e oggetti sacri:

sono ancora custoditi antichi paramenti liturgici,  in particolare un sontuoso corredo solenne, completo di piviale – ricamato in seta e oro su fondo bianco con emblemi borromaici e ritratto di san Carlo dipinto su tessuto – e due preziosi veli da calice tardocinquecenteschi – uno verde e uno cremisi, ricamati con fili d’oro e d’argento (sottoposti ad accurato restauro nel 1992) -, che dovevano far parte della dotazione iniziale della Cappella (rispettando le Instructiones Fabricae promulgate dall’arcivescovo per la Chiesa riformata) e sono citati, insieme a corredi successivi, negli inventari ottocenteschi; qui compaiono anche le diverse suppellettili liturgiche, tra cui due calici (probabilmente settecenteschi) in argento sbalzato e dorato e due reliquiari dalla forma a edicola, in legno intagliato e lamine di rame brunito, contenenti reliquie di san Carlo e altri santi.

paramento dett. paramento (S. Carlo) velo da calice verdevelo da calice rosso reliquiario dett. (S. Carlo)

Maioliche

piatto da pompa di Federico BorromeoNella sala da pranzo del Rettore è conservata ed esposta una collezione di preziose maioliche – piatti, alzatine, vassoi, vasi da farmacia – databili tra la prima metà del Settecento e la fine del secolo successivo, che è, tuttavia, difficile, attribuire con certezza al corredo del Collegio (sarebbe piuttosto frutto di acquisizioni o donazioni successive), nonostante la citazione di “maioliche antiche” negli inventari ottocenteschi. Il pezzo più pregiato è, però, anche quello più probabilmente connesso alla storia dell’istituzione: si tratta di un grande vassoio ovale da pompa o da parata in smalto bianco, con arme di Federico Borromeo dipinta al centro, databile stilisticamente agli inizi del Seicento e forse prodotto in una fornace pavese o lodigiana. La notizia di un ordine, da parte del cardinale, a Lodi nel 1623 di un servizio da credenza per il Collegio fa pensare che il sontuoso vassoio superstite ne facesse parte.

Arredi

La continuità storica plurisecolare del Collegio ha consentito la conservazione e il mantenimento in uso di molti degli arredi originali, appartenenti a varie epoche: dai tardocinquecenteschi stalli e tavoli del Refettorio – il cui restauro negli anni Novanta ha verificato la stabilità della struttura e restituito la calda e chiara cromia naturale al legno di noce, liberandolo dalla pesante patina scura -ai troni seicenteschi (ora ricoverati in locale apposito) anticamente disposti lungo le pareti del Salone e utilizzati per le Accademie e le cerimonie più importanti, dalle sedie sette-ottocentesche in noce e cuoio impresso della Cappella alla cantoria lignea, intagliata e dipinta con gli emblemi della famiglia Borromeo (tre anelli borromaici, unicorno, morso o freno, dromedario nella cesta e naturalmente l’Humilitas, scelto da san Carlo come impresa del Collegio) fino ai mobili del Rettorato (a partire dal XVII secolo) e, più recenti, di alcune camere degli alunni.

refettorio refettorio, prova pulitura 1996refettorio 1cappellastanza

Ancora in gran parte originali sono gli infissi – come le porte seicentesche di accesso ad alcuni ambienti dal loggiato inferiore e superiore, con il caratteristico sistema a cardini diversificati per agevolarne la chiusura – e altri elementi che fanno parte integrante della struttura, come taluni pavimenti in cotto, l’orologio settecentesco sul lato est del piano nobile, la campana ancora funzionante circondata da emblemi araldici borromaici in ferro sbalzato e, naturalmente, il cancello barocco, disegnato dal Ricchino quale sontuoso accesso al giardino del Collegio. 

campanadisegno cancellocancello Ricchini

BIBLIOGRAFIA: 

R. Maiocchi, A. Moiraghi, Gli affreschi di C. Nebbia e di F. Zuccari nell’almo Collegio Borromeo di Pavia (Per le nozze Jacini-Borromeo), Pavia, Tipografia Rossetti, 1908; C. Baroni, Il Collegio Borromeo (Biblioteca della Società Pavese di Storia Patria), Pavia, Tipografia già Cooperativa, 1937; I quattro secoli del Collegio Borromeo di Pavia. Studi di storia e d’arte pubblicati nel IV centenario della fondazione, Milano, Alfieri & Lacroix, 1961; Guida al Collegio Borromeo: “… un palazzo per la Sapienza…”, Pavia, Ponzio, 1984; A. Lo Bianco, Cesare Nebbia, scheda in La pittura in Italia, il Cinquecento, tomo II, Milano, Electa, 1988 (ristampa 1992), p. 781; A. Lo Bianco, Federico Zuccari, scheda in La pittura in Italia, il Cinquecento, tomo II, Milano, Electa, 1988 (ristampa 1992), p. 868; F. Moro, M. Gregori, M. Bona Castellotti, Dal Cinquecento inoltrato al Settecento, in Pittura a Pavia dal Romanico al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano, CARIPLO, 1988, pp. 253-256, 301-303; Almo Collegio Borromeo, Pavia, Croma, 1992; Le sale di rappresentanza e l’annessa quadreria del Collegio Borromeo di Pavia: contributo ad un catalogo, a cura di G.G. Mellerio, Pavia, TCP, 1996; La collezione di maioliche del Collegio Borromeo di Pavia: contributo ad un catalogo, a cura di P. Casati, Pavia, TCP, 1997; I templi della sapienza. 450 anni di fondazione del Collegio Borromeo, catalogo della mostra Carlo e Federico nel “palazzo per la Sapienza”. Leonardo a Pavia, a cura di E. Maggi e L. Giordano, Pavia, TCP, 2011; Un palazzo per la Sapienza. L’Almo Collegio Borromeo di Pavia nella storia e nell’arte, a cura di P. Pelosi, Pavia, TCP, 2014.