ACB, Amm. 1882-1923, b. 8, fasc. Anno 1915

Trascrizione 17

Pavia, 27 giugno 1915

Monsignore,

Le dico per iscritto ciò che non posso dirle a voce, mancandomene l’animo. Ella ha la fiducia che un nuovo impegno per la fornitura del vitto ai feriti non si assumerà; io ho la quasi certezza che sarà il contrario. Ella basa la sua fiducia sul documento avuto stamattina, e sulla difficoltà di un accordo sulla diaria. Per me il documento non ha altro valore che di dichiarare che l’impegno attuale cessa col 30 giugno, non che non se ne possa assumere un altro, pel quale ella si è verbalmente impegnato. Una vera difficoltà pel prezzo non esiste, sia per le alte influenze interposte, sia per la offerta da lei fatta di una riduzione di L. 0.20 al giorno per ogni degente, come perché il Senatore Golgi, il quale a ogni costo vuole spuntarla, potrebbe trovare altronde un ripiego per pagare la differenza tra il contributo del Comando Militare e il prezzo da convenirsi. Per ciò io vedo il contratto nuovo in discussione, quasi come una cosa fatta: gli sono favorevoli il prof. Sormani e il prof. Sala, e le circostanze speciali a) degli appaltatori militari che, chiedendo la rescissione degli attuali contratti per insufficienza dei prezzi, rendono ragionevole la richiesta del Collegio; b) dalle domande degli altri due ospedali (Senatore e S. Agostino), la conclusione dei cui contratti preme tanto anche al Comando di Pavia. Non può la difficoltà finanziaria essere seria, quando abbiamo veduto l’Autorità Militare stipulare un contratto con l’Ospedale di S. Matteo, a un prezzo superiore di molto a quello chiesto da lei. Dunque, per me, non c’è dubbio che il contratto di dovrà fare, poiché ella ha impegnato la parola col prof. Sala e col Senatore Golgi. In questa previsione, io mi sento mancare il coraggio di assumere il peso, non tanto del lavoro quanto della natura di esso. In questi giorni era convenuto fra noi che, in vista della imminente liberazione, era inutile insistere; ma quando si fosse assunto un nuovo impegno, io dovrei attendere al mio dovere, senza chiudere gli occhi. A questo io non mi sento sufficiente, sia moralmente come fisicamente, e dovrei chiedere non una licenza temporanea, ma una aspettativa per tutto il periodo della guerra. E poiché io stesso non ho molta fiducia di ottenere tale aspettativa, dovrei ritirarmi definitivamente dall’ufficio: è quanto farò indubbiamente. Questa determinazione maturata io avrei dovuto manifestarla soltanto quando il nuovo contratto fosse stipulato; ma poiché penso che anche a lei pesa di dovere assumere l’onere del vitto, e peserebbe di più quando le venisse a mancare un qualsiasi aiuto, improvvisamente; così ho creduto conveniente che a lei ne parlassi prima. Come verrò da lei giudicato questo mio atto non so; ma se esso potesse servirle come di argomento per troncare ogni trattativa e liberare sé, le Suore, le finanze del Collegio da un enorme peso, sarei lietissimo di portarne io solo la odiosità, e l’ira del Senatore Golgi alla cui benevolenza non ho mai aspirato. Le ho detto tutto ciò compiendo un vero sforzo, perché non mi nascondo che io involontariamente contribuisco ad aumentare la sua tribolazione: questo è l’unico motivo che mi ha impedito di aprirmi prima d’ora. Ella mi perdoni e mi voglia bene egualmente.

Sempre suo dev.mo e aff.mo

Moiraghi

15, a15, b15, c15, d