Elena Paralovo 

Carta *

Rimetti con la mano ruvida
il libro al suo posto;
poggi il piede, la scarpa di pelle macchiata
(avrà dieci anni) sigarette e vino, sul legno.
Ti elevi. Solo con quel gesto.

Scendi, intorno il silenzio
l’odore è carta e inchiostro.
Gli occhi vanno, scuri e tristi
su quei tuoi amici eterni, la tua compagnia fragile.

Qualcuno ti cerca.
Passi le mani e le chiudi
sulla lunghezza grigia dei tuoi capelli: “posso aiutarla?”
“avete Sostiene Pereira?”

Sai dove cercare, passi lenti e sicuri, ti giri
a guardare, per rassicurarla:

“ecco a lei signora”; e anche questo è andato.
Pensi a quel grande di Tabucchi, davvero grande
(l’odore di una omelette alle erbe)
… poi ti perdi: una paura, chissà quale, ti prende.

Un giro, per controllare se tutti i tuoi cari rispettano
l’ordine, poi correggi un paio Lansdale
con le nocche
ti siedi; rimbombano le dita sui tasti…
gente, voci, dalla porta
si sono moltiplicate le bocche.

Uno ad uno li ascolti, corpi e parole
– si stringono i Merini e i Neruda –
pieghi la testa, sorridi.
I tuoi denti, gialla rovina e le gengive in vista.

Incredibile, la tua bellezza non svanisce,
le rughe intorno agli occhi si incontrano sotto il naso.
Barba a fili bianchi, sei all’altezza. Di ogni domanda.

Di ogni risposta, di carta.

Ti guardo, immensa tenerezza
i miei ricordi, ad ogni morso li tengo stretti.
Sotto ad ogni torsione vivono; la mia gioia
disperata, cruda.

Mi perdo, ma solo per poco
lo sguardo basso
mi nascondo, voglio vedere il tuo viso
illuminarsi al tuo accorgersi.
È il mio gioco.

Un uomo di cinquantasette anni, magro, stanco.
Ma mi hai visto e sorridi.

Le tue storie erano le mie
i tuoi racconti, le tue bugie,
e loro, i tuoi più cari amici
Bukowski, Elliot, Joyce, Gadda, Magri
il tuo, intatto, mondo di carta.

La coda è lunga (regali di Natale)
capelli a caschetto, bambini aggrappati, frenesia e luci
mariti irritati.
Lotte silenziose, ma mai come la mia.

Sono qui, ed ora e sempre “Mio Padre”
sei, nella gola lo grido.
Ma sto attenta, rispetto la fila
“ciao tesoro, eccoti, hai bisogno di qualche
libro?”
“ciao papà” – di te – senza dire nulla
sorrido.

 

Poesia vincitrice del 1° premio al concorso “I poeti laureandi” edizione 2016.